mercoledì 27 maggio 2009

Limiti e pregiudizi del setting

Quando si parla di setting in termini teorici non sempre si ha un riscontro diretto con la realtà in cui il professionista si troverà nel contesto lavorativo.Ho scelto di proposito le foto in questione , perche si collegano ad un articolo pubblicato il lunedì 12 gennaio 2009, dal titolo:

Il Setting: Matrice di Significati
Il setting nel contesto e nella matrice delle relazioni.

Le immagini mostrano una realtà scolastica in cui bisogna analizzare e osservare l'ambiente per trarne tutte le risorse positive e valorizzarle.
Siamo ben lontani nelle scuole italiane delle sale attrezzate e gli spazi terapeutici descritti nei manuali, o quelli descritti dai grandi professionisti.
Per quanto ciò possa sembrare un paradosso in realtà non è un limite.
La consapevolezza del setting deve diventare un pregiudizio per potergli dare una connotazione positiva e tenere alto il livello dell'intervento.
Un approccio e un iter terapeutico deve andare oltre le mura e le cianfrusaglie di un aula. E' possibile agire in terapia andando oltre tutte le barriere architettoniche, verso una dimensione mentale , un fare musica che tende alla relazione d 'aiuto attraverso lo "strumento" della centralità del paziente. Come direbbe Bateson bisogna tenere sempre "alto"il contesto.
Giuliana Galante










domenica 3 maggio 2009


Pedagogia Interculurale:

La pedagogia interculturale fa il suo ingresso ufficiale in Europa nei documenti che riguardano la scuola, e più in generale i servizi educativi, più di vent'anni fa. Ne troviamo traccia in un importante studio del Consiglio d'Europa del 1978 e in alcuni scritti di pedagogisti ed esperti di educazione operanti in Francia, nei Paesi Bassi, in Svizzera, in Gran Bretagna. Da alcuni anni tuttavia costituiva già un tema dibattuto soprattutto da coloro che si occupavano di difficoltà scolastiche riconducibili agli svantaggi socioculturali conseguenti all’immigrazione.
La pedagogia è sempre, in generale, una forma di mediazione: lo è ancora di più quando si fa interculturale. Come si vede, la distanza tra la pedagogia compensativa (dalla quale comunque quella interculturale si origina) e la pedagogia interculturale è grande; non per questo, l'una deve dissociarsi dall'altra. Nelle politiche educative e scolastiche di molti paesi europei si è proceduto infatti mantenendo un'articolazione tra i due indirizzi pedagogici, perché l'alunno immigrato che non viene aiutato nei suoi bisogni specifici - di accoglienza, attenzioni didattiche e linguistiche - non sarà in grado di stabilire relazioni, comunicare la sua storia, capire e essere capito. Le culture possono incontrarsi in classe e altrove, se i soggetti sono messi nella condizione di poter disporre di capacità comunicative adeguate; il cui apprendimento richiede la messa in atto di dispositivi in grado di ridurre il più rapidamente possibile le distanze e i disequilibri. In secondo luogo, la pedagogia compensativa è però insufficiente a realizzare quell'obiettivo che i più recenti programmi di pedagogia interculturale auspicano. Esso consiste nella promozione scolastica ed extra-scolastica di iniziative e di azioni diffuse di formazione interculturale. Prospettiva che mira alla costruzione di nuovi modi di essere e di pensare rivolti a tutti, e non più soltanto, come nella versione compensativa, a chi è straniero. La pedagogia interculturale - che negli anni passati ha oscillato tra il polo della difesa delle differenze e delle specificità culturali e il polo dell'adattamento e dell'integrazione - trova qui una sintesi importante che si esprime soprattutto in due constatazioni. a) La pedagogia interculturale si prefigge di delineare le strategie migliori (dal punto di vista organizzativo e delle finalità) perché soggetti che fanno riferimento a culture e origini culturali diverse possano imparare a comunicare fra loro indipendentemente dalle differenze di lingua, comportamenti culturali e credenze. La scuola e i servizi educativi che condividono questa prospettiva si muovono riconoscendosi nel principio che la comunicazione è possibile e che lo scambio è fonte di sapere e di arricchimento. Perché l'estraneità e il suo superamento, sono il vero contenuto sul quale lavora una pedagogia che cerca di evidenziare tanto le differenze, quanto le affinità; che vuole far affiorare i contrasti e non rimuoverli, ora con la negazione delle diversità, ora con risposte di carattere riparatorio che rischiano talvolta di accentuare i disagi adattivi. b) La pedagogia interculturale delinea una linea di condotta contro i pericoli già evidenti, o sempre pronti ad esplodere, dell'intolleranza e del razzismo; che è compito dei luoghi educativi prevenire e contrastare, cercando di decostruire, attraverso l'esercizio di una reciprocità conoscitiva e della cooperazione, gli stereotipi e i pregiudizi.
Articolazione dei Progetti:
Nel suo più ampio significato, l'educazione interculturale opera dunque attraverso le seguenti articolazioni:
· in presenza di immigrati;
· in presenza di minoranze;
· nella dimensione europea dell'insegnamento;
· come prevenzione e contrasto del razzismo, della xenofo-bia, dell'antisemitismo e dell'intolleranza.

L'Italia è arrivata più tardi, quando il dibattito e il confronto tra voci diverse era già consolidato e ha potuto quindi prendere le mosse a partire dal cammino percorso da altri per evitare errori e confusioni, perlomeno nelle dichiarazioni e negli intenti. La storia fin qui percorsa dell'idea interculturale ha consentito, ad esempio, di chiarire i termini e le definizioni. Molto spesso, i termini "multiculturale" e "interculturale" sono stati utilizzati come sinonimi e in maniera indifferente. In realtà, le due definizioni rimandano a significati diversi e a modelli educativi e di integrazione differenti. Il termine "multiculturale" può essere utilizzato come aggettivo e riferirsi alla pluralità degli elementi in gioco, alle situazioni di coesistenza di fatto fra culture diverse. Si dice allora che "la scuola X o la classe Y sono multiculturali" per la presenza di bambini e di ragazzi che hanno altre appartenenze e altri riferimenti culturali
Ogni anno entrano nella scuola italiana tra i 30. 000 e i 40. 000 "nuovi" alunni, mentre i nati di nazionalità straniera rappresentano in alcune città già il 15/20% dei bambini che annualmente vengono al mondo (21, 3% a Milano). La curiosità iniziale per le culture degli altri, che si è nel tempo trasformata in una pluralità delle attenzioni, costituisce dunque il nucleo iniziale della pedagogia interculturale anche in Italia. Non teorico, ma composto dalle pratiche scaturite dagli interrogativi, dalle incertezze sulle scelte e dunque dalla ricerca di percorsi didattici che potessero e possano rispondere sia ai bisogni specifici, sia favorire l'incontro tra infanzie e adolescenze di qui e d'altrove.
L'educazione interculturale nei programmi scolastici " pubblicato nel 1995 negli Annali della Pubblica Istruzione. In esso si riafferma il principio che l'educazione interculturale non riguarda solo alcune materie, ma che siamo di fronte ad una dimensione dell'insegnamento che accompagna il percorso formativo ed orientativo attraverso tutte le discipline. Si ritorna ancora al tema dell'inserimento degli alunni stranieri con il DPR n° 394 (31/8/1999) che delinea le modalità di iscrizione, accoglienza e inserimento dei minori e della formazione degli adulti immigrati, affermando il loro diritto/obbligo all'istruzione scolastica e prevedendo i dispositivi mirati e le risorse da attivare per l'apprendimento dell'italiano e per facilitare l'accesso alle strutture e al curricolo comuni, anche attraverso intese con gli enti locali, le comunità, le associazioni. Nel testo si afferma inoltre che: " Il Ministero della Pubblica Istruzione, nell'emanazione della direttiva sulla formazione e l'aggiornamento in servizio del personale ispettivo, direttivo e docente detta disposizioni per attivare i progetti nazionali e locali sul tema dell'educazione interculturale". Il regolamento contenente le norme in materia di autonomia scolastica (m° 275 dell'8/3/1999) che delinea le linee portanti della scuola del futuro, afferma inoltre che "gli obiettivi nazionali dei percorsi formativi, funzionali alla realizzazione del diritto di apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità. lo "sfondo integratore" per il piano di offerta formativa delle singole scuole. Entrando nel merito delle strategie operative, necessarie per passare dalle idee alla pratica e alla didattica, vengono inoltre delineati quattro possibili percorsi e obiettivi:
· l'attenzione alla relazione, attraverso l'attivazione nella scuola di un clima di apertura e di dialogo;
· l'attenzione ai saperi, attraverso l'impegno interculturale nell'insegnamento disciplinare e interdisciplinare;
· l'attenzione all'interazione e allo scambio attraverso lo svolgimento di interventi integrativi delle attività curricolari, anche con il contributo di Enti e di Istituzioni varie;
· l'attenzione all'integrazione attraverso l'adozione di strategie mirate, in presenza di alunni stranieri.
· La scuola può "fare intercultura" attraverso la programmazione di attività aggiuntive. Queste possono essere rivolte ai soli alunni immigrati e dare risposta ai bisogni di apprendimento linguistico in italiano L2 e sono impropriamente collocate nell'ambito dell'educazione interculturale. Possono essere rivolte a tutti gli alunni e prevedere ad esempio, un percorso di conoscenza di un paese, di una lingua e di una cultura d'origine. Gli obiettivi possono essere quindi di tipo compensativo o informativo. Un esempio di tali attività aggiuntive può essere il laboratorio di lingua cinese, o di lingua araba, che viene offerto a tutti gli alunni e che si pone come obiettivo principale la valorizzazione della L1 e l'apertura plurilingue.
· La scuola pratica l' intercultura attraverso la didattica di una disciplina: in una materia di studio vengono inseriti contenuti nuovi, o vengono rivisitati i contenuti tradizionali, con lo scopo di promuovere la conoscenza, il confronto, lo scambio tra punti di vista diversi. Sottolineando ad esempio, il tema delle "convenzioni" e la metodologia basata sulla problematizzazione vengono proposti i modi diversi di definire il tempo, la data, il calendario; oppure per rappresentare lo spazio, attraverso cartografie e rappresentazioni del mondo differenti; vengono presentati eventi storici visti dal punto di vista degli altri. Riprendendo le indicazioni della circolare ministeriale n°73 del 1994 gruppi di insegnanti hanno cercato in questi anni di rivedere/integrare i contenuti disciplinari di alune aree del sapere.
Dott.ssa Galante Giuliana

Brochure Informativa

Dott.ssa Giuliana Galante

Servizio privato
su appuntamento:

Sedute di Musicoterapia - Modena e provincia

Info: 3476655657

E- Mail: giulygala@tiscali.it

Blog: giulygala.blogspot.com




“La musicoterapia è una disciplina scientifica che ha come obiettivo quello di instaurare una relazione terapeutica stabile tra musicoterapista e paziente attraverso il canale non-verbale e l'uso del canale corporo-sonoro-musicale, con l'obiettivo di far acquisire al paziente nuove modalità di comunicazione con se stesso, il proprio nucleo famigliare, il mondo esterno, al fine di migliorare la qualità di vita del paziente."

Roland O. Benenzon

Il concetto sopra citato permette di cogliere analogie e differenze tra i vari modi di vivere e gestire l’esperienza in termini preventivo- abilitativo. L’esperto, infatti, nel suo lavoro cerca di far ri-suonare in un’area di ascolto, area paragonabile a uno spazio armonico interiore, qualcosa di non-dicibile e quindi di non-ascoltabile, come gli affetti, i sentimenti…le emozioni, e trasforma ciò in prodotto/materiale sonoro. Ciò, al fine di dar voce ad ogni lato della creatività interiore e ancora, di fortificarsi attraverso il contatto con le emozioni. Questa caratteristica interdisciplinare della Musicoterapia si connette alle nuove scoperte delle neuroscienze, alla teoria della mente, alla semiotica, alla musicologia e alla teoria della creatività, oltre che alle epistemologie dei processi di cura. Tutto ciò concorre a sviluppare le capacità musicali e di potenziare le competenze dell’individuo dal punto di vista cinestesico.





Dott.ssa Giuliana Galante
Info: 3476655657
E-mail: giulygala@tiscali.it



Laureata in Scienze dell'Educazione presso l'Università degli Studi di Messina, Insegnante di sostegno abilitata nella Scuola d 'Infanzia, Musicista con licenza in teoria e solfeggio diplomata al conservatorio di Reggio Calabria "Fratelli Cilea" in Canto, ha svolto una significativa attività come cantante jazz.
Ha conseguito la Specializzazione in Musicoterapia presso l’Istituto MEME s.r.l." a Modena, Scuola triennale di Musicoterapia, associata alla Universite Europeennee "Jean Monnet" di Bruxelles, ha partecipato al corso di “Diritto Penale Minorile” e “Diritto Civile Minorile”promosso dal Ministero di Grazie e Giustizia presso il tribunale di Messina, corso di “Psicologia scolastica”, presso Centro studi Logos a Messina.
E’ autrice di numerose pubblicazioni tecnico scientifiche.
VEDI: http://www.musicoterapia-anziani.eu/author/giuliana-galante

sabato 2 maggio 2009

L’ accoglienza, analisi richieste – bisogni, la presa in carico, l’ipotesi di lavoro, il percorso

L’accoglienza è l’elemento primario all’interno della definizione di un intervento di musicoterapia:è il primo momento del rapporto che si stabilisce tra paziente e musicoterapeuta, dove il linguaggio per comunicare è quello dei suoni.
La situazione terapeutica si avvale di una comunicazione agita prevalentemente verso il linguaggio non-verbale della musica, dove per “musica” s’intende l’intero mondo del suono e cioè: musica propriamente detta, suono/ritmo, suono/movimento, vocalità.
I principi base dell’accoglienza sono:
il lavoro centrato sulla persona e sulla valorizzazione di tutte le sue potenzialità residue (il paziente è parte attiva della terapia);
la centralità del rapporto di fiducia e l’accettazione incondizionata rispetto al paziente;
l’adattamento e la personalizzazione della seduta
l’accoglimento delle proposte della persona che vengono ampliate ed arricchite in uno scambio reciproco tra paziente e musicoterapeuta.

La radice greca della parola “therapeia”, significa “assistere”, “aiutare”, “prendersi cura” dell’altro, natura e di quanto possa essere ad una definizione molto allargata di “musica”: l’arte dell’organizzazione temporale dei suoni e delle sue varie componenti fisiche ed esperienziali, allo scopo di creare ed interpretare forme espressive che rinforzino, elaborino, diano significato all’esperienza della vita umana, ha nella musicoterapia il suo concetto più ampio.
Questa caratteristica della disciplina le viene anche dal fatto che come corpo di conoscenza essa è multidisciplinare. È ad un tempo arte, scienza e processo interpersonale, divisa in tre grandi aree di pratica: terapeuticaIl di laboratorio tende a stimolare le capacità di auto/attivazione dei partecipanti attraverso l’uso del linguaggio sonoro-musicale. Il lavoro, articolato in diverse fasi si muove nel macro ambito del “NON VERBALE” in cui la musica è il mezzo per raggiungere il corpo biologico e per toccare, attraverso quest’ultimo, il corpo nella sua dimensione emozionale. Si integrano e si superano i parametri spazio-temporali e si pensa alle motivazioni inconsce, ai desideri, ai significati del corpo, recuperando le sue potenzialità espressive in una globalità dei linguaggi: ….”il mio corpo è anche il mio simbolo (segno) e mi fa ri-conoscere tra altri corpi”. Quindi l’esperienza tende a recuperare la ricchezza di questa globalità che la musica, nell’auto-attivazione dei singoli, mette in moto, aprendoli all’inesauribile ricchezza del simbolico e iniziandoli ad un’avventura che rompe il confine del silenzio (e in alcuni casi dell’ isolamento), per avventurarsi nell’universo del segno e del suono.
Giuliana Galante

Ludwig Mirak, 𝑬' 𝑸𝑼𝑨𝑺𝑰 𝑳'𝑨𝑳𝑩𝑨

In arrivo: LUDWIK MIRAK, E' quasi l'alba Lui è un cantautore di cui sentiremo parlare molto! Si chiama Paolo Karim Gozzo (in arte...