lunedì 12 gennaio 2009

Il Setting:
Matrice di Significati




Il setting nel contesto e nella matrice delle relazioni

Il dibattito ancora attuale sul setting ci fa pensare quanto sia complesso questo tema, rispetto ai significati che i significanti danno a questo termine.
Per Setting si intende uno spazio fisico e mentale all'interno del quale si attua una relazione terapeutica, spazio fisico come il luogo in cui questa particolare relazione si svolge.Il richiamo al setting evidenzia quanto una terapia/ percorso si strutturi anche su misure “normative”: la seduta inizia e finisce all’ora stabilita, e ciò è importante per il reciproco rispetto del patto terapeutico, tra analista e paziente.
Il dominio del setting come spazio fisico è la premessa per pensare al setting come spazio mentale condiviso in cui bisogna tener conto del contesto e della matrice delle relazioni.
Se non si ha consapevolezza del primo non può esserci la comprensione del secondo.Ogni tipo di terapia ha il suo setting. Nelle Artiterapie, attenersi scrupolosamente alle norme del setting non è sufficiente e può anche significare , nel caso in cui lo spazio fisico non sia in relazione allo spazio mentale (perché faccio/sento questo, perché fa/sente questo), un errore incredibile.In uno studio, una classe, o un atelier è possibile fare analisi quando il setting è integrato all'interno di un contesto/relazione tra i partecipanti.
Nell ‘Arteterapia stessa, come luogo dove più figure professionali intervengono sul paziente, essenzialmente un setting è il luogo in cui si sviluppa un processo di cura, cioè una percorso quale che sia l’orientamento, comportamentale, cognitivo, psicodinamico od altro ancora, è importante che vengano mantenute le premesse epistemologiche precedentemente ricordate.
È un luogo ed un tempo in cui nascono e si sviluppano relazioni particolari che hanno come obiettivo la cura di persone.Fanno parte di questo spazio il luogo fisico, le persone, il paziente, la famiglia, la patologia.
Se non si ha chiaro questo concetto non si può pensare di far terapia, significa rifiutare in qualche modo il proprio ruolo, rinunciare alla presa in carico del paziente.Nello “spazio” circolare della seduta è essenzialmente il terapeuta che conduce ed aiuta esprimere le emozioni dal paziente con la musica, il disegno, etc…...Il termine “spazio ” in contrapposizione con quello di “contesto” è intenzionalmente usato per segnalare la differenza di livello comunicativo che si verifica in uno “spazio circolare” in cui la comunicazione passa attraverso un piano prettamente sensoriale, anche se successivamente può, anzi deve, essere elaborato in pensiero.
Ma di che cosa è fatto il setting/ contesto relazione? Ecco alcuni esempi di setting all’interno di reali sedute:
Il primo esempio riguarda un incontro di Arteterapia con una ragazza di 13 anni S. (S. Dawn)
[….]Si propone un setting flessibile come “permissivo”, facilitante la libera espressione e una relazione terapeutica gratificante e un Metodologia semi/ direttiva.
Per integrare il campo di esperienza sono proposte attività vocali e di movimento, attività ludico musicali che consentono di sviluppare le abilità musicali pregresse e di imparare ad esprimersi con l’uso di diversi linguaggi. L’ approccio espressivo stimola gli aspetti affettivi, psicomotori, sociali e cognitivi.
Inoltre è prevista la pratica di semplici strumenti musicali non convenzionali con materiali di diverso tipo sia in momenti individuali che di gruppo.
Il secondo esempio tratta un caso di un Encefalopatia Post- Anossica, provocata da una Fibrillazione Ventricolare, L. 23 anni:
[….]Si propone un setting strutturato, familiare accogliente, che permetta la libera espressione, laddove il mezzo vocale ha una grande forza, e da una relazione terapeutica gratificante e un Metodologia direttiva .
Per integrare le esperienze vocali passate sono proposte attività legate al canto, alla rilettura dei testi, movimenti dolci, attività musicali che consentono di sviluppare le abilità mnemoniche pregresse e di imparare ad esprimersi con l’uso della voce cantata. Un setting che favorisca il rilassamento muscolare, l’ espressività dei tratti del viso, stimoli gli aspetti affettivi, psicomotori, sociali e cognitivi, di conseguenza la memoria, i ricordi, e la stimolazione al nuovo apprendimento .
Inoltre sono previste attività si associazione, di rappresentazione di ogni incontro sul Cartellone Sonoro, che alla fine del percorso sarà dato a L. come restituzione.
Un aspetto attraverso cui è possibile approfondire per predisporre il setting , che potremmo chiamare "esplorativo- relazionale”, in cui ci si propone di portare il paziente attraverso un autonomo processo di scoperta. Il setting è innanzi tutto inteso come spazio di azione in quanto è costituito, per esempio, da una stanza contenente vari materiali e apparecchiature utili a condurre semplici esperienze; tali oggetti possono essere disposti su un tavolo, sul pavimento, sulle sedie attorno al quale gli utenti potranno muoversi con una certa libertà in base alle operazioni che dovranno compiere; il terapeuta che non è mai osservatore esterno, ma partecipante, può scegliere di stare a fianco, dietro, vicino o meno per condurre il lavoro ; è possibile appendere alle pareti materiali, disporre l’illuminazione della stanza, i lavori ottenuti in forma grafica, le "scoperte" cui si giungerà ecc. Questo spazio di azione è così predisposto perché il terapeuta ha in testa un obiettivo di lavoro che prevede, per esempio, la formazione di gruppi eterogenei, l’individuazione entro ciascun gruppo di chi manipola direttamente i materiali e di chi osserva i risultati delle manipolazioni, l’assegnazione a ciascun gruppo di un fenomeno da indagare, l’impostazione da parte del Arteterapeuta della sperimentazione da condurre, la gestione di momenti di riflessione e discussione ecc. Uno spazio di azione così strutturato richiede particolari atteggiamenti: la preoccupazione del conduttore di non intervenire eccessivamente nella produzione, l’attenzione a far sì che ognuno possa esprimere le proprie emozioni, senza sentirsi giudicato, e dare la restituzione del prodotto andando oltre l’aspetto artistico, la sollecitudine a sostenere e incoraggiare di fronte ai fallimenti dei propri tentativi di comprensione o spiegazione del fenomeno indagato. Infine, sul piano delle relazioni il setting si trova adeguatamente rappresentato in riferimento alla relazione madre - bambino descritta attraverso le parole di Winnicott.Il bambino raggiunge la capacità di oggettivare l’ambiente attraverso la relazione con la madre.Un bambino all'inizio della vita è dipendente in maniera assoluta dalla “madre”, dall’ambiente in cui si trova. La relazione è così stretta che non si può descrivere il bambino senza descrivere l’ambiente.Ne consegue che anche il modo di essere dell'ambiente ha un decisivo significato, perchè tale ambiente è parte del bambino.Lo stadio della dipendenza assoluta o quasi assoluta è tipico di un bambino all'inizio della sua vita, perché non ha ancora separato il non me da ciò che è me e non è ancora equipaggiato per svolgere questo compito. In altre parole, l'oggetto non è ancora percepito dal bambino come diverso dal sé in quanto è un oggetto soggettivo, non oggettivamente percepito: Odgen per illustrare la modalità in cui avviene questa relazione fa riferimento allo sviluppo di percezione sensoriale di piacere, precipua di una modalità che chiama “contiguo autistica”. esperienza in cui la contiguità di superfici altrimenti separate genera l'esperienza di un'unica superficie sensoriale:
Anche i pazienti hanno, quantomeno inizialmente, un contatto con la stanza di arte terapia di questo tipo, contatto che passa attraverso la sincera disponibilità all’accoglienza verso l’altro, a provare simpatia più che empatia verso il paziente.
Il primo contatto da parte della struttura segue una modalità sensoriale. non faccio riferimento all’ingresso del paziente nella struttura ma al contatto con noi, con la disponibilità con protezione e la seduzione delle nostre cure che formano ”l’esperienza dell'essere tenuti e cullati dalle braccia della madre, - madre concepita non come rappresentazione ma- come parola e canto”.(Odgen)Credo sia necessario essere consapevoli che il nostro primo scambio con il paziente è uno scambio di questo tipo, uno scambio che avviene a livello sensoriale, che tende a promuovere una sorta di innamoramento del paziente verso l’esperienza terapeutica.E' interessante notare che, mentre esistono numerosissimi lavori sul controtransfert, non altrettanto avviene per quanto concerne l’attesa per il paziente che sta per venire in terapia. Non si tratta solo delle sedute preliminari e di un possibile percorso terapeutico, ma soprattutto di come ci immaginiamo il paziente. Insomma che non possa esserci empatia se prima non c’è stata sim- patia o anti – patia. Ognuno di noi dovrebbe monitorare accuratamente questi movimenti emotivi interni che appartengono in primo luogo a noi stessi: prima ancora del bambino c’è la madre che lo pensa. Il modo in cui pensa al bambino che non c’è, non è affatto ininfluente su come il bambino reale sarà.Tornando al paragone iniziale mi preme ricordare che esiste una vasta letteratura sugli aspetti controtransferali, cioè su ciò che il terapeuta agisce inconsciamente nella relazione con il paziente sulla pressione di aspetti non risolti della propria personalità. Nello studio di arte terapia o in qualsiasi altro contesto in cui si eroga un servizio connotabile come relazione di aiuto, bisognerebbe dedicare uno ampio spazio ad interrogarsi su quanto i comportamenti e i movimenti interiori dei Terapeuta abbiano una diretta ricaduta sui comportamenti e sui movimenti interiori dei propri pazienti, e questi a sua volta sui comportamenti della rete familiare.Lo sviluppo ha luogo perchè il bambino incontra il comportamento adattivo della madre o di un suo sostituto attraverso l’esperienza artistica.
Il paziente “guarisce”, o meglio ancora trova nuove modalità di relazione con se stesso, attraverso la relazione con il terapeuta.Questa cosa può verificarsi, sia che il bambino normodotato, sia nel bambino con una patologia.
A dodici settimane, comunque, i bambini ci possono dare informazioni da cui si può dedurre con sufficiente sicurezza che la comunicazione è un fatto. Si può dire che a dodici settimane essi sono in grado di giocare in questo modo: sistemato per l'allattamento al seno, il bambino guarda il volto della madre e la sua mano si solleva cosicché, nel gioco, il bambino nutre la madre mettendole un dito in bocca.Da ciò io deduco che, nonostante tutti i bambini assumano il cibo, non esiste comunicazione tra il bambino e la madre se non si sviluppa una situazione di nutrimento reciproco.Cosi siamo davvero testimoni di una mutualità che è l'inizio della comunicazione tra due persone destinata a diventare una "relazione d'oggettuale".
Qualcosa di simile si verifica nel momento in cui un paziente inizia un percorso:il primo impatto iniziale con la struttura: è generalmente un impatto buono, positivo, in cui emergono i sentimenti di gratitudine verso la struttura che accoglie e protegge, emerge il desiderio di stringere amicizie e soprattutto di esprimere gratitudine attraverso il conquistare la fiducia e le attenzioni del terapeuta. Talvolta si riscontra anche l’atteggiamento opposto: viene mostrata cioè sfiducia verso la capacità della struttura di essere una “madre buona”, per timore del ripetersi traumatico di precedenti fallimenti.Non è affatto scontato che il momento in cui un paziente entra in studio coincida con l’ingresso nella struttura, quello che è certo è che si affascina, come un neonato si può affascinare della disponibilità a ripetere una volta ancora il gioco di lasciare che l’altro scopra quante cose ci sono in lui . Accade così che persone con difficoltà comportamentali a vario livello cercano di mostrarsi molto rispettose di quell’ambiente
L’individuo vuole fare vedere n primo luogo se stesso, il proprio desiderio di fare bene, di risultare adeguato, chi inizia spontaneamente una terapia è infatti spinto di un senso di "responsabilità" dettata dalla consapevolezza, pensata o sperimentata, di non essere sufficiente a se stesso.La situazione idilliaca non dura a lungo (ed è bene che sia così), dopo qualche tempo generalmente le cose iniziano a cambiare, nella persona, l'entusiasmo iniziale passa, cominciano la fatica, la frustrazione ed anche la disillusione.Quell’ambiente materno inizia a diventare anche frustrante, non c’è più quella madre così calda ed intuitiva, ma c’è un genitore che vuole anche “svezzare” il bambino.Qualunque cosa faccia , la madre non riuscirà ad annullare il fallimento iniziale nell’adattarsi ai bisogni dell’Io del suo bambino. Non siamo più in presenza di un setting mentale, dominato da una madre che procura una sensazione piacevole, ma da un genitore o più genitori che tralasciano di soddisfare le richieste istintuali del bambino, ma possono anche riuscire a non "abbandonarlo", a provvedere ai bisogni del suo Io fino al momento in cui il bambino avrà introiettato al suo interno una madre sostegno dell'Io e avrà raggiunto l'età necessaria per mantenere tale introiezione.Mentre il bambino non sente nessun obbligo verso la madre oggetto d’amore primario, prova invece un sentimento di obbligo, in seguito alla terapia effettuata dalla madre genitore.La mancanza di questo passaggio significa confinare il bambino - paziente in un' area di dipendenza, con dinamiche di scissione e proiezione in oggetti buoni amati e oggetti persecutori. Va da se che anche per i componenti dello staff questo passaggio non è né semplice né indolore.Tra adulti ci si attende reciprocità, è spiacevole comandare ed imporre regole, può essere frustrante negare qualcosa che, fuori da quel contesto, non costituirebbe alcun problema dare, e per farlo occorrer ricordarsi che si è all’interno di un setting e ciò significa anche fare i conti con l’astinenza e la frustrazione. Si può anche pensare che alcuni psicoterapeuti fanno pagare le sedute mancate perché sono avidi di denaro, ma non è così semplice: il setting è un vincolo ed una risorsa, quando lavoriamo sulla relazione d’aiuto facciamo i conti con la nostra possibilità e disponibilità a confrontarci con gli aspetti aggressivi dell’altro.Non dire ai pazienti che devono rispettare l'ambiente dove vivono significa pensare che non sono capaci di prendersi cura di sé e rispettarsi, come un bambino che resta sporco se non lo lavo, perché non può imparare a lavarsi. Non invitare al rispetto dell'orario di lavoro significa pensare a quella persona come incapace di autonomia, come incapace di provvedere nel futuro a se stessa oppure in entrambi i casi significa pensare a se stessi come impotenti ad aiutare il paziente, supportandolo nel processo di un sviluppo che verrà demandato ad altri.Il sintomo è una comunicazione, attraverso il comportamento sintomatico l'utente comunica le proprie difficoltà alla struttura, agendo il tentativo di annullare la comunità, di farla somigliare alla piazza in modo da ricreare la gerarchia e il clima, dove I'asimmetria significa potere e prestigio, è il continuare a vivere secondo modalità note -rassicuranti- rispetto al rischi di cambiamento. Così come ha comunicato inizialmente la gratitudine e il senso di benessere nel momento in cui è stato accolto, adesso comunica il proprio disagio.La cornice della struttura, il setting è lo strumento più efficace per intervenire, né in modo aggressivo né disimpegnato, sui comportamenti sintomatici, sulla relazione circolare e sulla dimensione sociale dei pazienti.
Ecco un esempio di un setting di gruppo con pazienti affetti da Morbo di Parkinson:
[….]L’approccio fin qui emerso è ovviamente umanistico- fenomenologico.
La stanza di musicoterapia nella quale è stato svolto il Projectwork è grande quanto basta per le attività euritmiche, e abbastanza raccolta per evitare la dispersione dell’attenzione. Gli strumenti venivano allineati sul pavimento e/o posti lateralmente in modo da essere visibili, affinchè i pazienti potessero prenderli senza difficoltà e riporli con ordine. Spesso, dalla direzione dello sguardo, era possibile comprendere l’intenzionalità anche di chi non disponeva del linguaggio verbale, ; se uno strumento era a portata di mano, riposto più o meno allo stesso posto, il l’anziano che fosse poteva prenderlo senza difficoltà, e rispetto alla varietà del casi trattati questo presupposto era fondamentale. La stanza ha uno spazio centrale libero utile per attività di movimento, i materiali sono previsti in modo che possano essere sparsi o centrati in un punto , è previsto anche che la stanza possa essere oscurata per creare giochi luminosi con materiali specifici o realizzare giochi con le ombre; le sedie disposte ai lati i modo da poter essere utilizzate al bisogno. Ogni persona presente nella stanza occupava lo spazio più adeguato al proprio modo di essere.
Lo spazio era vissuto in modo idoneo alle attività in corso, compresi i cambi di ruolo.
Ogni incontro, individuale o di gruppo, svolto dall’ inizio dell’attività era caratterizzato da un percorso che conduceva gradatamente verso un crescendo di attenzione, fino a quando si arrivava all’intensità comunicativa che contraddistingueva gli incontri . L’esperienza in questione è stata vissuta in un crescendo dell’intensità emotiva con l’articolazione di attività varie che consentivano di esprimere le emozioni vissute, prima di giungere alla conclusione dell’incontro ed al commiato. Per questo motivo era opportuno utilizzare delle strategie di routine sia all’inizio che poco prima della fine di ogni seduta e concludere insieme agli utenti per regolare lo scorrere “emotivo” del tempo e dosare le attività in modo da non dover interrompere bruscamente.

Bibliografia:
Odgen, Identificazione proiettiva e psicoterapia, (Astrolabio).
Odgen, Il limite primigenio dell’esperienza, (Astrolabio).
Winnicott, Il bambino deprivato, (Armando).
Winnicott, Esplorazioni psicoanalitiche, (Armando).
Winnicott, Dalla pediatria alla psicoanalisi, (Martinelli)
Diario di Viaggio “Ale Porte del Bel Canto” (G. Galante)
Giuliana Galante

Ludwig Mirak, 𝑬' 𝑸𝑼𝑨𝑺𝑰 𝑳'𝑨𝑳𝑩𝑨

In arrivo: LUDWIK MIRAK, E' quasi l'alba Lui è un cantautore di cui sentiremo parlare molto! Si chiama Paolo Karim Gozzo (in arte...