lunedì 17 febbraio 2014

La regolazione interfasica: L' Arte di Pintapiuma

Le forme del Pensiero Musicale- Musicoterapeuta Dott.ssa Giuliana Galante Diario di una blogger... L'ascolto interfasico e la Regolazione Emotiva L'interfase è il periodo di tempo del ciclo di divisione cellulare delle cellule eucariotiche che intercorre tra una mitosi e la successiva. In tale periodo avviene il processo di duplicazione del materiale genetico (DNA), e di alcuni organelli cellulari, quali i centrioli ed i mitocondri ed in generale l'aumento di massa e di dimensioni della cellula, in modo tale da permettere la formazione di due cellule figlie a partire dalla cellula madre... (Tratto da un qualsiasi libro di biologia....) 27 ottobre 2012 Riparto da qui per una breve analisi su un pittore italiano straordinario riconosciuto per il suo talento in tutto il mondo. Riparto dall'interfase, un tema a me ormai caro non solo per la sua attinenza bio - psico - sociale, ma anche dal punto di vista dell'opera d'arte in Sé. Mi riferisco a Claudio Ruggieri, meglio noto come Pintapiuma.-http://www.pintapiuma.it/
Nell'opera d'arte ritroviamo emozioni, parti del sé e parti del testo, ciò che vorremmo dire a noi stessi prima che agli altri. Dal punto di vista biologico ,secondoAntonio R. Damasio, docente di Neuroscienze, Neurologia e Psicologia presso la University of Southern California, gli esseri umani hanno emozioni e trasmettono emozioni primarie e secondarie; le emozioni secondarie, nonostante siano acquisite, ci permettono di esprimere sentimenti, di vivere l'esperienza come il passaggio corporeo riflesso delle immagini mentali. Nell'arte è fondamentale la razionalità, ma da sola non basta. Sono le emozioni apprese che ci consentono di rispondere al mondo, che si manifestano “come- se”, al di là della nostra consapevolezza, nell'accoglienza di nuovi scenari legati al piacere o al dolore. Ogni creazione per l'artista pone le basi per una nuova relazione tra le emozioni e il sé omeostatico: una regolazione omeostatica che integra presente, passato e futuro. Da un punto di vista psicoanalitico il termine regolazione comporta una lotta continua tra l'Io e il sé. Una volta acquisita la regolazione non è automatica, viene perduta, poi riguadagnata, proprio come l'ispirazione dell'artista, essa dipende dal vissuto soggettivo e dalle esperienze affettive, di cui non sempre siamo consapevoli. Le opere di Pintapiuma rappresentano tutto ciò, lo scorrere e il divenire, il dinamismo e l'evoluzione delle immagini vive. Ogni opera è dinamica e continua a svilupparsi al di là della tela. Una rete concettuale complessa e aperta a una visione globale. Giuliana Galante

lunedì 3 febbraio 2014

Quadro Sporco

Tratto da: http://pintapiuma.it/ Claudio Ruggieri nasce a Genova nel 1961 e nel 1980 si trasferisce a Torino. Oltre alla trentennale attività internazionale come pittore (Studio Lucio Pozzi, New York, U.S.A.; Bacca 1010, San Francisco, U.S.A.), ha un considerevole trascorso come gallerista e talent scout (storiche le gallerie “Pinta” in Genova, ”Piuma” e “Pintapiuma” in Milano). Ruggieri espone a New York e San Francisco nel 2001 alla Bacca 1010 Gallery insieme all’artista Lucio Spinozzi e nello stesso anno a Genova con Giovanni Rizzoli nella mostra “Fotografia Trovata”; ha esposto – tra le sue innumerevoli mostre – al Padiglione delle Marginalità alla 52esima Biennale di Venezia nel 2007 curata dal noto africanista Giuliano Arnaldi. L’iter creativo di Claudio Ruggieri, che lo ha visto, di volta in volta, nelle vesti di artista e gallerista, può indubbiamente definirsi come un percorso ciclico e aperto al tempo stesso, punteggiato di corsi e ricorsi sempre simili e mai uguali, di momenti e di ritorni che sono, contemporaneamente tasselli di una profonda evoluzione interiore. Al culmine di una ricerca iniziata anni prima, produce il primo famoso “quadro sporco”. Il viaggio che ha condotto Claudio Ruggieri al "quadro sporco" è stato una ricerca metafisica svoltasi nell’arco di oltre trent’anni di meditazione sull’arte dei nostri giorni e di interazione con essa. La ricerca del colore assoluto di Ruggieri è una via decisamente “umida”: l’autore mischia, scava nella terra (e nel cielo e nel mare …) e fonde il tutto, non ha paura di sporcarsi, di manipolare la materia per raggiungere un risultato, sempre vicino, sempre lontanissimo e sempre stimolante per la creazione. Un colore puro e contaminato al tempo stesso, innocente e complesso come quello dei bambini che mischiano le tempere per ricreare tutti i colori del mondo, sporco e cristallino come le profondità dell’anima …. Il quadro sporco di Claudio Ruggieri, sospeso in una mancanza di memoria narrativa, raggiunge un equilibrio fuori dal tempo. IL “QUADRO SPORCO” di CLAUDIO RUGGIERI detto PINTAPIUMA Alan Jones Perdre, mais perdre vraiment, pour laisser place à la trouvaille. Guillaume Apollinaire “Il mondo porta l’impronta dell’amore” scrisse William Carlos Williams, poeta ma ancor prima pittore, e questa rimane la cifra immutevole del pittore e il punto di partenza dell’opera di Claudio Ruggieri. Fu Blaise Cendrars ad affermare che la misura del successo della vita di un uomo sta nell’aver vissuto appassionatamente e compiutamente, restande innamorato del mondo malgrado le disillusioni. La forza di volontà messa in campo da Claudio Ruggieri per conquistare il segno trascendente del Quadro Sporco ha fatto appello a questa forma di supremo ottimismo e di visione trasformatrice, ovvero ad uno stato d’animo che va ben oltre il ricorso ormai abituale alla facile ironia e alla banalità. “Non è facile fare un buon quadro” disse un giorno Frank Stella alla radio. Solo un maestro è in grado di esprimere una verità talmente semplice. Il pittore Claudio Ruggieri ha scelto di definire il culmine della sua profonda ricerca pittorica con un termine particolarmente enigmatico: Quadro Sporco (in inglese si direbbe “defiled painting”). Sporcare, tradire, chiazzare, insudiciare, insozzare, imbrattare, inzaccherare, macchiare, sgorbiare. Elegie all’inevitabile perdita dell’innocenza o riti di passaggio, sporcare ció che è immacolato per acquisire una visione sciamanica, purezza riconquistata attraverso un procedimento impuro? La mendacità esige parole vere per proferire le proprie menzogne, lasciando la perduta immagine bucolica di felicità sanguinare così come le reliquie dei santi sanguinano nei giorni prestabiliti, come gli occhi feriti spargono lacrime, come l’immagine diletta svanisce dallo specchio appannato della memoria. Ma i pittori lavorano senza parole, combattono l’oblio in altri termini, annaspano al disopra di quelle visioni esattamente definite che compongono la sfera della nostra consapevolezza, rari istanti carpiti dallo sguardo prima che il magnifico spettacolo del mondo si perda nell’incuranza, amnesia imposta, assenza forzata, contaminazione dei sentimenti, cacciata. Così l’artista si sforza di lottare contro l’indifferenza del tempo disvelando la perduta leggiadria. Il vero artista disvela verità recondite (Bruce Nauman)

domenica 22 dicembre 2013

Voci Libere

Concerto a Campogalliano: Voci Libere

IL Coro nasce all'interno del Centro di Psiconcologia dell'Ospedale di Carpi, nel Maggio 2013, è coordinato dalla Dott.ssa Maria Grazia Russomanno. Oltre a molte altre attività tra cui Teatro, Danza del Ventre, Comunicazione, Decoupage, Cucito, Ricamo,Gioielli, Piscina etc.... Tutte le attività hanno finalità terapeutiche che si svolgono con l'obbiettivo di stare bene insieme facendo comunità migliorando la qualità di vita delle persone. Il coro è molto cresciuto dall'inizio e tutti i coristi si sono impegnati per creare un clima sereno, accogliente verso i nuovi arrivati in modo empatico, con la voglia di coinvolgere tutti i gruppi, in modo da far incrociare i percorsi di chi ha abilità diverse e competenze che arricchiscono l'insieme. Grazie al comune di Campogalliano che ci ha ospitato per questo concerto di Natale, durante la settimana dedicata a Telethon! Bellissimo!!! Un ringraziamento a tutte le coriste e i coristi che permettono questo!!! Sono orgogliosa di voi tutti!!! Giuliana Galante

giovedì 12 dicembre 2013

Il coro: posizione semicircolare

Il coro: posizione semicircolare Ilteatro greco, in quanto edificio, si definisce strutturalmente solo in età ellenistica.Il teatro, creazione della civiltà greca, a partire dal V secolo a.C. si diffuse dalla Grecia vera e propria alla Sicilia e alla Magna Grecia, ma soprattutto in Asia Minore. L'edificio era composto da tre parti fondamentali: la cavea, l'orchestra e la scena. L'architettura era a gradinata, generalmente a semicerchio abbondante intorno all'orchestra; era divisa in diverse sedute per i diversi ceti sociali, era possibile si trovassero spazi ornati da statue, semi colonne e grandi vasi di bronzo per la risonanza. La cavea del t. greco doveva avere la forma di un semicerchio abbondante. La προεδρία è la fila dei sedili d'onore che esisteva anche prima degli edifici, una profonda trasformazione della tragedia avvenne con l'ingresso del coro: i vasi bronzei di risonanza aiutavano gli attori cantanti nella diffusione della voce; accanto agli attori c'era il coro, i cui componenti si definivano "coreuti"; prima 12, poi 15; l' Orchestra (ορχήστρα, orchéstra), in architettura, è il termine usato per indicare quella parte del teatro antico, di forma circolare (o, nel teatro romano, semicircolare) dedicata ad ospitare l'esibizione del coro (χόρος, kóros). Il coro in posizione circolare (punto 2 della figura) creava un clima di continuità, di risonanza emotiva, "Il coro è una comunità nella quale si deve tendere al massimo controllo della personalità per la maggiore omogeneità possibile di suono e di colore". "All’interno del creato, l’uomo non è solo individuo che pensa e parla. È anche creatura che canta. È questo lo scopo della sua conformazione fisico-psichica, tanto che cantare è per lui gesto naturale. Si potrebbe addirittura dire che il corpo umano può essere considerato un vero e proprio 'strumento musicale': bocca, corde vocali, polmoni, respiro… Ancor più che per suonare e danzare, l’uomo è fisiologicamente strutturato per cantare. L’uomo, dunque, pensa, parla e canta. Ma il gesto del canto esige un coinvolgimento molto più pieno del corpo che non l’esercizio del pensare e del parlare". (da: Roberto Goitre, Validità del canto corale)
Perchè la musica fa bene al cuore: Il canto in Coro La ricerca, pubblicata sulla rivista Frontiers in Neuroscience , dimostra che la musica ha effetti calmanti sul cuore, e questi effetti aumentano quando si canta all’unisono con altre persone. Per lo studio i ricercatori hanno utilizzato degli elettrodi nell'orecchio dei cantanti, collegati a dei cardiofrequenzimetri: appena il coro inizia a cantare, il battito cardiaco dei singoli cantanti rallenta. Si tratta di una conseguenza del tipo di respirazione, che quando si canta viene maggiormente controllata e rallentata. Il canto, soprattutto quello in coro, è una sorta di "respirazione guidata" che modifica anche la funzione cardiovascolare Il musicologo Bjorn Vickhoff , che ha guidato il progetto, spiega che il cuore rallenta il suo ritmo durante la fase di espirazione. Ma quello che ha più colpito i ricercatori è che in pochissimo tempo le frequenze cardiache dei coristi si sincronizzano tra loro. Le linee dei cardiofrequenzimetri, che durante le prime battute del canto registrano segnali molti diversi, iniziano rapidamente a disegnare una serie di picchi uniformi: una sorta di ritmo comune che segue il ritmo della canzone. Quasi come se, lo sforzo dei cantanti per cercare una sincronia comune della voce, si rifletta anche sul fisico e quindi sul cuore. Secondo i ricercatori svedesi il coro, ora che i suoi benefici sono stati dimostrati scientificamente, potrà essere utilizzato in alcune terapie riabilitative e come supporto per la riduzione di alcuni tipi di dolore e dell'ansia. http://scienza.panorama.it/salute/Cantare-in-coro-fa-bene-al-cuore

lunedì 9 dicembre 2013

http://www.musicacorale.it/index.php?option=com_content&view=article&id=44:musicoterapia&catid=36:la-voce&Itemid=40 MAURO UBERTI Musicoterapia: la musica che guarisce Stereoplay, III,13, maggio 1974, pp. 10-11 Edizioni Suono - Roma Il saggio che coniò il detto: "Canta, che ti passa" non avrebbe certo sospettato che la musica sarebbe arrivata addirittura ad essere considerata ed usata come un medicamento. Eppure la musicoterapia, ché di questa stiamo parlando, è giunta oggi a tal grado di considerazione che medici, psicologi, pedagogisti e musicisti si stanno riunendo in società scientifiche, ricercano per approfondirvi le loro conoscenze e lavorano per trasformare quel principio popolare in sistema terapeutico. Naturalmente sarebbe ingenuo pensare che il raffreddore possa essere curato con una canzonetta di Modugno o l'indigestione con una sinfonia di Mahler, ma non sarebbe affatto strano sentir parlare d’ulcere duodenali di origine nervosa trattate con terapie musicali. Ché il succo della musicoterapia è proprio nell'influenza psicologica della musica, dei suoi influssi sul sistema nervoso e su tutto quanto può essere governato da questo. Nell'occuparmi di queste cose mi sono imbattuto in casi, apparentemente strani, di mali curati con questo mezzo. Una signora di mia conoscenza, per esempio, aveva incominciato giovanissima a soffrire di varici. Queste erano state curate con metodi tradizionali e con risultati alterni. Un miglioramento sensibile si manifestò però soltanto quando, avendo trovato un'ottima sistemazione economica col matrimonio, essa prese a studiare il pianoforte per occupare il tempo. Poco per volta una certa condizione nevrotica, che si era formata in lei fin da bambina a causa dell'ambiente familiare oppressivo, incominciò a risolversi e, parallelamente, incominciò a migliorare lo stato delle sue vene. Presto fu chiara anche la spiegazione: il disagio psicologico le si somatizzava in una contrazione muscolare stabile, che comprimeva il circolo venoso profondo delle gambe e costringeva il sangue a riversarsi nel circolo superficiale provocando le varici. Quando assieme alle nevrosi si sciolse la tensione muscolare migliorò in modo evidente anche lo stato delle sue vene. Ricordo pure il caso analogo di un libero professionista stressato dal carico psicologico del suo lavoro, che non trovava cure efficienti per i suoi "reumatismi", ma che sentiva cessare ogni dolore quando riusciva a concedersi un po' d'ascolto dal suo impianto ad alta fedeltà. In questo senso, però, non si può dire che la musica svolga un'azione psicoterapica diversa da qualsiasi altra attività capace di interessare in profondità il nevrotico fino a risolvere il suo male per sublimazione (in psicanalisi si indica con questo termine il fenomeno per cui la pulsione interiore, rivolta ad una certa meta, viene deviata verso un'altra). Quanto di essenzialmente diverso presenta la musica nelle sue applicazioni terapeutiche è l'attitudine a venire "somministrata" dall'esterno per mezzo dell'ascolto, quasi come una medicina, e di non presentare la stretta necessità di essere praticata attivamente. Tipico è il caso degli individui affetti da autismo. Si indica con questo termine una condizione patologica della personalità, per cui l'individuo tende a rinchiudersi in se stesso rifiutando ogni comunicazione con l'esterno. In certi casi la musica, "propinata" per mezzo di altoparlanti, può essere una sorta di cavallo di Troia, che permette al mondo esterno di insinuarsi nella mente del malato e favorire l'inizio del processo di estroversione. Ma, in casi meno complicati, si può avere l'uso della musica come anestetico per piccoli interventi chirurgici in cui il paziente viene distolto da sensazioni dolorose, sovente più frutto di autosuggestione che reali, con l'ascolto di musiche adatte ai suoi gusti. È difficile, tuttavia, allo stato attuale delle nostre conoscenze in materia, stabilire tanto le possibilità quanto i limiti della musicoterapia. Se i risultati più evidenti si osservano, come detto, nella sublimazione delle nevrosi - e in questo senso non si può dire che la musica abbia possibilità maggiori della pittura o della filatelia se queste costituiscono per caso un valido centro di interesse per il malato - vi sono però elementi ad essa peculiari, che consentono applicazioni specializzate. Così, per esempio, il ritmo. Tante delle nostre funzioni biologiche sono regolate da ritmi e alla base delle deficienze del loro funzionamento sta sovente una disritmia generale. Rieducare le capacità ritmiche dell'individuo significa in questi casi ricostituire le fondamenta mancanti al corretto andamento della funzione. Alla radice della balbuzie, per esempio, c'è quasi sempre una forte disritmia che si riflette negativamente sulla regolarità della respirazione e del discorso. A Torino il prof. Oskar Schindler della Clinica Otorinolaringolatrica dell'Università rieduca i bambini balbuzienti incominciando a curare il loro senso ritmico. A questo fine ha adottato il metodo "Orff", il noto sistema didattico per l'educazione musicale di base, fondato prevalentemente sulla ritmica, e sta ottenendo ottimi risultati. Altra applicazione dell'aspetto ritmico della musica è data dallo stimolo che essa può costituire per l'allenamento e l'affinamento delle capacità motorie degli handicappati. L'atto del suonare - e particolarmente del suonare strumenti a percussione - oltre che stimolo psicologico per fare svolgere un'attività fisica generica a persone sfiduciate, è un esercizio insostituibile per affinarne le capacità di movimento e per portarli a sfruttare nel miglior modo le poche capacità muscolari loro rimaste. Posso citare a questo proposito un'esperienza personale, svoltasi nel reparto "invalidi" di un noto istituto religioso, che ha per scopo il ricovero e l'assistenza dei minorati di ogni tipo. Il mio esperimento aveva per fine la ricerca di applicazioni musicoterapiche nel caso di minorazioni fisiche in soggetti psicologicamente normali e nasceva dall'osservazione del fatto che gli strumenti "Orff", tutti a percussione (xilofoni, tamburi, piatti, ecc.) possono essere suonati, al limite, stringendo fra i denti un battente. Ebbi modo di sperimentarne un'applicazione interessante in un caso di distrofia muscolare (un male incurabile per il quale i muscoli vanno progressivamente atrofizzandosi fino al momento in cui il cuore, che è appunto un muscolo, diventa insufficiente a mantenere in vita l'organismo). Il mio primo tentativo fu quello di far suonare al giovane invalido un tamburello, ritenendo che questo strumento, per via della sua semplicità, fosse il più adatto alle sue condizioni. In realtà il ragazzo, che tentava di suonarlo alzando tutto il braccio ormai privo dl forze, non riusciva a cavarne suoni utili. Avendo invece sostituito il tamburo con uno xilofono posto ad altezza conveniente, l'articolazione del polso si dimostrò sufficiente alla bisogna e l'invalido affinò progressivamente le sue capacità motorie imparando a sfruttare le poche energie rimastegli. Dopo qualche tempo, infatti, era in grado di suonare anche il tamburello, occasione del suo precedente fallimento; non solo, ma era migliorata la sua capacità generica di manipolazione. Con tutto ciò le possibilità di applicazione della musicoterapia sono e rimangono prevalentemente in campo psicologico e sociale. Sempre nel corso di quell'esperienza, rimasta purtroppo incompiuta, i risultati ottenuti furono prevalentemente di questo tipo. La piccola società costituita dai ragazzi di quel reparto si reggeva su di un equilibrio di tipo feudale. Ogni classe era sotto il controllo del ragazzo più anziano, con funzione di delatore ufficiale e l'incarico formale di riferire alla suora addetta al reparto il comportamento dei ragazzi e dei professori (vi era distaccata, infatti, una sezione di scuola media statale). Di qui discendeva una gerarchia naturale, determinata dalla disponibilità alla delazione, dalla validità fisica, dalla socialità, ecc., per la quale si aveva: da un lato un sistema di tacito vassallaggio, fatto di piccoli servizi che andavano a senso unico dal vassallo, al valvassore e al valvassino; dall'altro qualcosa di simile all'ordine delle beccate, esistente nei pollai e per il quale, a prescindere dalla gallina dominante, ognuna ha delle inferiori che becca e delle superiori dalle quali viene beccata. Fino all'ultima, che non ne becca nessuna ed è beccata da tutte. II sistema, unito ad ottime cure materiali e ad un'assistenza medica di alto livello, concorreva a mantenere l'ordine, la tranquillità ed il silenzio nel reparto. Il nostro miodistrofico, dunque, rappresentò l'ultima gallina dell'ordine delle beccate fino a quando non riprese fiducia in se stesso attraverso un'attività musicale per la quale era discretamente dotato, trovando poi motivi di interesse anche per le altre materie, arrivando persino a sorpassare in profitto il vassallo-delatore della sua classe ed uscendo automaticamente da quel ruolo doloroso. Nell'ambiente descritto la musica dimostrò anche il suo potere socializzante. L'attività musicale d'assieme, infatti, non ammette gerarchie, ma solo il coordinamento dell'attività dei singoli ad un fine comune sul piano della parità. Così gli attriti scomparivano durante le ore di musica e andavano progressivamente attenuandosi anche in quelle seguenti. Particolarmente significativo mi pare il caso di un ragazzo colpito da una serie di mali, aggiunta alla sua menomazione congenita, che stava attraversando una forte crisi di ribellione alle sue condizioni. In aula prese a rifiutarsi di partecipare all'attività comune, a voltare le spalle a tutti e ad isolarsi contro un muro nella lettura di un giornalino fino al giorno in cui non si tenne una lezione interamente dedicata alla ritmica: ripetizione e creazione di ritmi realizzati col battito delle mani. Lo vidi agire sulla manovella che metteva in moto le ruote della sua lettiga, voltarsi e inserirsi finalmente nell'attività del gruppo. Ma l'esperimento a questo punto venne stroncato. Fu giudicato rumoroso e turbatore della tranquillità del reparto. Il musicoterapista fu accusato di essere un "diseducatore" in quanto i ragazzi, dopo le sue lezioni, erano più vivaci e non restavano più fermi e silenziosi ai posti assegnati. È il trattamento che ho visto riservato da istituti analoghi ad altri musicoterapisti ed è curioso che ciò avvenga proprio mentre la medicina ufficiale si sta occupando della musica come terapia con attenzione crescente. Ma forse il fatto che questi enti, di istituzione e mentalità tradizionali, accomunino la musicoterapia alle branche avanzate della psicologia nel trattamento che riservano loro, è un segno della sua vitalità.

Ludwig Mirak, 𝑬' 𝑸𝑼𝑨𝑺𝑰 𝑳'𝑨𝑳𝑩𝑨

In arrivo: LUDWIK MIRAK, E' quasi l'alba Lui è un cantautore di cui sentiremo parlare molto! Si chiama Paolo Karim Gozzo (in arte...