lunedì 5 ottobre 2009

Il Paradosso


1.5 Doppio Legame
Nella teoria della comunicazione, per doppio legame si intende una relazione che si stabilisce tra emittente e destinario in presenza di una formulazione verbale di carattere paradossale, cioè quando la comunicazione produce una percezione contraddittoria in chi la riceve anche se la formulazione non sembra contenere errori.
La comunicazione paradossale è stata studiata da psicologi ed esperti di comunicazione soprattutto per le sue ripercussioni negative sul destinatario, il quale, comunque interpreti il messaggio paradossale che riceve, non saprà come rispondere.
L'espressione 'doppio legame' fu introdotta da Gregory Bateson in uno studio del 1956: “ Verso una teoria della schizofrenia”, dedicato alle possibili cause comunicative della malattia mentale, e fu poi ripreso da Paul Watzlawick.
Il doppio legame indica una situazione in cui, tra due individui uniti da una relazione emotivamente rilevante, la comunicazione dell'uno verso l'altro presenta una incongruenza tra il livello del discorso esplicito (quel che vien detto) e un ulteriore livello metacomunicativo (come possono essere i gesti, gli atteggiamenti, il tono di voce), e la situazione sia tale per cui il ricevente il messaggio non abbia la possibilità di decidere quale dei due livelli, che si contraddicono, accettare come valido, e nemmeno di far notare a livello esplicito l'incongruenza.
Come esempio Bateson riporta l'episodio della madre che, dopo un lungo periodo, rivede il figlio, ricoverato per disturbi mentali. Il figlio, in un gesto d'affetto, tenta di abbracciare la madre, la quale si irrigidisce; il figlio a questo punto si ritrae, al che la madre gli dice: "Non devi aver paura ad esprimere i tuoi sentimenti".
Nonostante a livello di comunicazione implicita (il gesto di irrigidimento) la madre esprima rifiuto per il gesto d'affetto del figlio, a livello di comunicazione esplicita (la frase detta in seguito), la madre nega di essere la responsabile dell'allontanamento, alludendo al fatto che il figlio si sia ritratto non perché intimorito dall'irrigidimento della madre, ma dai suoi stessi sentimenti; il figlio, colpevolizzato, si trova impossibilitato a rispondere.
Bateson, rifacendosi anche ai suoi studi sui livelli di apprendimento, ipotizza come possibile causa della schizofrenia l'esposizione cronica a situazioni di doppio legame in ambito familiare, in particolare nei rapporti con la madre.
Tale esposizione comporterebbe nello schizofrenico l'incapacità di saper valutare correttamente i legami tra comunicazione esplicita ed implicita adoperati dalle persone normali. Ad esempio, lo schizofrenico, posto di fronte a semplici domande quali "come stai oggi?", "cosa stai facendo?", non riuscirebbe ad accettarle come domande prive di doppi fini non contraddittori.
La teoria del doppio legame è stata più volte ripresa dai ricercatori di Palo Alto e non solo, ma questo concetto che sembrava “oggettivo”, anni dopo viene rivisto da Bateson che nel 1972 scriverà : “Come il paziente è consapevole di ciò che sta accadendo…il paziente è complice dell’inconscia ipocrisia del genitore, ne possono derivare una grandissima infelicità e distorsioni assai cospicue, ma sempre sistemiche , della comunicazione”.
Bateson dopo l’uscita di Pragmatics nel 1967 riteneva che le sue teorie fossero state utilizzate dai suoi ex colleghi di Palo Alto in modo riduttivo e strumentale per terapie basate su “potere” e “controllo” (proprio quello che voleva evitare!). Ecco come si esprime in una lettera aPaul Watzlawick (in Deriu cit., p. 21).
“Mi domandavo come i Kahunas (i sacerdoti hawaiani) si sentivano
quando vedevano le sculture dei loro dèi nelle vetrine di un’agenzia
di viaggio. Ora lo so. Certamente c’è una forma di ossequio
nell’avere l’uomo bianco che ammira l’arte nativa. E l’agenzia di
viaggio è solamente “pragmatica”, E il bottino talvolta è etichettato
correttamente rispetto alla provenienza. E ai nativi non ne viene nulla.”
Questa affermazione ha stimolato negli anni successivi l’interesse degli studiosi verso nuove congetture sulle disfunzioni della comunicazione e sugli effetti del paradosso all’interno della scuola.
1.6 Il paradosso
Da quando ho cominciato ad insegnare nelle scuole statali ho dovuto affrontare situazioni difficili ed estremamente doppio vincolanti. Io avevo il mio bagaglio culturale specifico di insegnante d’infanzia, attenta alle teorie pedagogiche studiate all’università, ma le situazioni socio-culturali nelle quali mi trovavo ad operare richiedevano ben altri strumenti.
Il paradosso che spesso si incontra nel mondo della scuola è il divario di una società che apprende ed applica le nuove regole fondamentali del comportamento e della comunicazione grazie alla rapida crescita dei media, che influenza i sistemi familiari, e la scuola di fatto si trova in difficoltà nel rendere concrete queste nuove scoperte nel mondo dell'educazione e dell'apprendimento. Il divario tra scuola e famiglia spesso porta a situazioni dove bisogna intervenire per evitare l’insorgenza del sintomi gravi.
Lo schema riporta aspetti che oggi la società attuale richiede, ma si tratta di
obiettivi che il mondo scolastico fatica a raggiungere.
Perché è così difficile per noi collegare ciò che abbiamo realizzato chiaramente nei media, nella televisione, nella radio con il mondo dell'educazione? Perché non facciamo nemmeno un piccolo sforzo per inserire nelle nostre scuole alcune delle attitudini, approcci e capacità da poter utilizzare nella vita quotidiana?
Ho cercato di ragionare sul perché ci troviamo in questa situazione paradossale e mi sono resa conto che mentre il business e i guadagni immediati hanno un impatto forte e provocano rapidi cambiamenti nel mondo economico, ci vuole molto più tempo per ottenere gli stessi cambiamenti in un campo che non fornisce guadagni così veloci e immediati.
Specialmente quando i cambiamenti, che il nostro mondo economico ha scoperto, metterebbero fortemente a rischio lo status quo dell'apprendimento, eliminando molti dei costi esistenti e delle infrastrutture, così come il valore di mercato di molti esami e certificazioni, rivoluzionando a fondo il mondo del lavoro e le associazioni professionali che conosciamo.
Vance Stevens e con altri partecipanti durante l’incontro annuale dell’ EVO 2009 Multiliteracies event, hanno condiviso alcuni dei pensieri su cosa sia l'apprendimento attuale e anche su ciò di cui avranno bisogno le generazioni future per essere preparate ad un mondo in cui non ci sarà più spazio per i riconoscimenti scolastici o per le domande predeterminate. Ecco alcune domande che mi hanno particolarmente colpita.
Gli Alunni : Come cambierà l’apprendimento in futuro?
Nella complessità attuale bisognerebbe mettere in dubbio il nostro modo di concepire il sistema scolastico come è e come dovrebbe essere, e forse anche guardare in maniera concreta a quale tipo ideale di apprendimento o quale futuro tipo di apprendimento può essere il migliore per noi e cosa possiamo fare per cambiare e migliorare tutto questo.
Il paradosso di tutto questo è che gli stessi insegnanti che hanno adottato, promosso e sostenuto queste idee, e che le sfruttano nel loro lavoro professionale, quando tornano a casa e guardano i loro figli, non hanno problemi nel non realizzare o non comprendere l'enorme divario che c'è tra le idee e i concetti che abbiamo già integrato nella nostra vita quotidiana e l'universo limitato in cui stiamo obbligando le generazioni future ad entrare, pensando di prepararle meglio nel gestire questo continuo cambiamento, l'innovazione e tutti questi nuovi approcci, e invece le mandiamo verso un mondo che è completamente scisso dall'attuale realtà e nel quale nessuno di questi principi è davvero concreto per loro da provare.
L’Insegnante: Come cambierà l’insegnamento?
Gli insegnanti continuano ad andare avanti sottolineando che non bisogna abbattere le scuole o rivoluzionare le istituzioni. Ciò rappresenta un grande sforzo e di fatto le istituzioni esistono da molto tempo. Molti di noi sono nati e cresciuti all'interno di questo universo scolastico, quindi l'esistenza di questo sistema sembra essere assolutamente necessaria.
Il sistema scolastico si è limitato all’utilizzo dei soliti testi e metodi, senza aprirsi al mondo reale, fatto di tanti altri elementi, come i media, presenti ormai in casa delle famiglie degli alunni. Questo è un limite che si dovrebbe riconoscere.
Quindi chiediamoci: insegnare oggi vuol dire preparare le nuove generazioni ad affrontare il mondo? Perché ogni volta che nella vita di tutti i giorni pensiamo all'apprendimento, pensiamo subito in qualche modo alle classi e agli insegnanti che ci aiuteranno a imparare le cose. Questa è più o meno l'idea che abbiamo nella nostra testa ogni giorno, è ciò che diamo per scontato.
Verso la scoperta: Investigazione
Se guardiamo al modo in cui osserviamo le cose, impariamo un sacco di cose nella vita di tutti i giorni, se osservi il lavoro di molte persone colte, degli opinion leader, ciò che ci stanno dicendo è che l'apprendimento si verifica non solo nelle classi, nella scuola, dove le cose che impariamo sono come divertirci mentre l'insegnante non se ne accorge, come fare i compiti in maniera più veloce possibile per poi avere più tempo libero, come scoprire le domande del prossimo compito in classe, in modo che possiamo rispondere bene.
Questo è ciò impariamo all'interno della scuola. Tutte queste cose non sono il vero oggetto dell'apprendimento, ma qualcosa che sta a lato di ciò che impariamo, mentre le cose che davvero impariamo nella nostra vita, le apprendiamo in maniera differente.
Cosa sappiamo quando termina la scuola?
Spesso quando ci pongono una domanda inerente ad una disciplina scolastica rispondiamo ciò che sappiamo, e pensiamo che la scuola è molto importante perché conosci un sacco di cose che poi si rivelano utili nella vita, ma dopo la scuola, di tutta la conoscenza che abbiamo accumulato, quanto possiamo mettere in pratica è davvero utile per muoverci all'interno dei rapidi cambiamenti che stanno avvenendo, per imparare le nuove tecnologie, per comprendere quali notizie siano buone e quali no, come riconoscere la propaganda dalla vera informazione...
Guardando questi aspetti fondamentali, possiamo vedere quanto sia grande il divario e quanta confusione ci sia per le persone comuni tra l'insegnamento e l'apprendimento, perché se insegnare è uguale ad imparare, e insegnare è ciò che avviene nelle scuole, non c'è modo di uscire facilmente dal circolo vizioso.
Pensiamo a quando abbiamo imparato a guidare la macchina, è vero che c’era l’istruttore a spiegarci come lasciare lentamente la frizione o tenere l'altro piede all'esterno perché si usa solo il piede destro sia per accelerare e per frenare. Ma non esiste altro modo per imparare che sedersi e iniziare a guidare e fare più di qualche errore.
Ma questo non è ciò che accade nella scuola.

Tratto da:
•Articolo scritto in origine da Robin Good per MasterNewMedia ed è stato pubblicato per la prima volta il 20 marzo 2009 come "The Paradox Of Web 2.0 - Part 1: Is Teaching Equal To Learning?
•Edelstein C., Il counseling sistemico pluralista: dalla teoria alla pratica, Trento, Erickson, 2007.
•Bateson, G. Verso un'ecologia della mente, Milano, Adelphi - 1977


Dott.ssa Giuliana Galante

domenica 4 ottobre 2009

Tratto dalla tesi sul Counseling: 3 anno


1.5 Doppio Legame


Nella teoria della comunicazione, per doppio legame si intende una relazione che si stabilisce tra emittente e destinatario in presenza di una formulazione verbale di carattere paradossale, cioè quando la comunicazione produce una percezione contraddittoria in chi la riceve anche se la formulazione non sembra contenere errori.
La comunicazione paradossale è stata studiata da psicologi ed esperti di comunicazione soprattutto per le sue ripercussioni negative sul destinatario, il quale, comunque interpreti il messaggio paradossale che riceve, non saprà come rispondere.
L'espressione 'doppio legame' fu introdotta da Gregory Bateson in uno studio del 1956 Verso una teoria della schizofrenia dedicato alle possibili cause comunicative della malattia mentale, e fu poi ripreso da Paul Watzlawick.
Il doppio legame indica una situazione in cui, tra due individui uniti da una relazione emotivamente rilevante, la comunicazione dell'uno verso l'altro presenta una incongruenza tra il livello del discorso esplicito (quel che vien detto) e un ulteriore livello metacomunicativo (come possono essere i gesti, gli atteggiamenti, il tono di voce), e la situazione sia tale per cui il ricevente il messaggio non abbia la possibilità di decidere quale dei due livelli, che si contraddicono, accettare come valido, e nemmeno di far notare a livello esplicito l'incongruenza.
Come esempio Bateson riporta l'episodio della madre che, dopo un lungo periodo, rivede il figlio, ricoverato per disturbi mentali. Il figlio, in un gesto d'affetto, tenta di abbracciare la madre, la quale si irrigidisce; il figlio a questo punto si ritrae, al che la madre gli dice: "Non devi aver paura ad esprimere i tuoi sentimenti".
Nonostante a livello di comunicazione implicita (il gesto di irrigidimento) la madre esprima rifiuto per il gesto d'affetto del figlio, a livello di comunicazione esplicita (la frase detta in seguito), la madre nega di essere la responsabile dell'allontanamento, alludendo al fatto che il figlio si sia ritratto non perché intimorito dall'irrigidimento della madre, ma dai suoi stessi sentimenti; il figlio, colpevolizzato, si trova impossibilitato a rispondere.
Bateson, rifacendosi anche ai suoi studi sui livelli di apprendimento, ipotizza come possibile causa della schizofrenia l'esposizione cronica a situazioni di doppio legame in ambito familiare, in particolare nei rapporti con la madre.
Tale esposizione comporterebbe nello schizofrenico l'incapacità di saper valutare correttamente i legami tra comunicazione esplicita ed implicita adoperati dalle persone normali. Ad esempio, lo schizofrenico, posto di fronte a semplici domande quali "come stai oggi?", "cosa stai facendo?", non riuscirebbe ad accettarle come domande prive di doppi fini non contraddittori.
La teoria del doppio legame è stata più volte ripresa dai ricercatori di Paolo Alto e non solo, ma questo concetto che sembrava “oggettivo”, anni dopo viene rivisto da Bateson che nel 1972 scriverà : “Come il paziente è consapevole di ciò che sta accadendo…il paziente è complice dell’inconscia ipocrisia del genitore, ne possono derivare una grandissima infelicità e distorsioni assai cospicue, ma sempre sistemiche , della comunicazione”.
Bateson dopo l’uscita di Pragmatics nel 1967 riteneva che le sue teorie fossero state utilizzate dai suoi ex colleghi di Palo Alto in modo riduttivo e strumentale per terapie basate su “potere” e “controllo” (proprio quello che voleva evitare!). Ecco come si esprime in una lettera aPaul Watzlawick (in Deriu cit., p. 21).
“Mi domandavo come i Kahunas (i sacerdoti hawaiani) si sentivano
quando vedevano le sculture dei loro dèi nelle vetrine di un’agenzia
di viaggio. Ora lo so. Certamente c’è una forma di ossequio
nell’avere l’uomo bianco che ammira l’arte nativa. E l’agenzia di
viaggio è solamente “pragmatica”, E il bottino talvolta è etichettato
correttamente rispetto alla provenienza. E ai nativi non ne viene nulla.”
Questa affermazione ha stimolato negli anni successivi l’interesse degli studiosi verso nuove congetture sulle disfunzioni della comunicazione e sugli effetti del paradosso all’interno della scuola.
1.6 Il Paradosso

Da quando ho cominciato ad insegnare nelle scuole statali ho dovuto affrontare situazioni difficili ed estremamente doppio vincolanti. Io avevo il mio bagaglio culturale specifico di insegnante d’infanzia, attenta alle teorie pedagogiche studiate all’università, ma le situazioni socio-culturali nelle quali mi trovavo ad operare richiedevano ben altri strumenti.

Il paradosso che spesso si incontra nel mondo della scuola è il divario di una società che apprende ed applica le nuove regole fondamentali del comportamento e della comunicazione grazie alla rapida crescita dei media, che influenza i sistemi familiari, e la scuola che invece riscontra difficoltà nel rendere concrete queste nuove scoperte nel mondo dell'educazione e dell'apprendimento.
La società attuale richiede autonomia, competenze, partecipazione, condivisione, capacità di affrontare le difficoltà, obiettivi che il mondo scolastico fatica a raggiungere.
Perché è così difficile per noi collegare ciò che abbiamo realizzato chiaramente nei media, nella televisione, nella radio con il mondo dell'educazione? Perché non facciamo nemmeno un piccolo sforzo per inserire nelle nostre scuole alcune delle attitudini, approcci e capacità da poter utilizzare nella vita quotidiana?
Ho cercato di ragionare sul perché ci troviamo in questa situazione paradossale e mi sono resa conto che se i mediae hanno un impatto forte e provocano rapidi cambiamenti nel mondo economico, ci vuole molto più tempo per ottenere gli stessi cambiamenti in un campo che non fornisce guadagni così veloci e immediati.
Specialmente quando i cambiamenti, che il nostro mondo economico ha scoperto, metterebbero fortemente a rischio lo status quo dell'apprendimento, eliminando molti dei costi esistenti e delle infrastrutture, così come il valore di mercato di molti esami e certificazioni, rivoluzionando a fondo il mondo del lavoro e le associazioni professionali che conosciamo.
In queste condizioni, e con una piccola speranza di poter cambiare rapidamente il nostro sistema scolastico, ci dovremmo chiedere: insegnare è uguale a imparare?
Vance Stevens e con altri partecipanti durante l’incontro annuale dell’ EVO 2009 Multiliteracies event, hanno condiviso alcuni dei pensieri su cosa sia l'apprendimento attuale e anche su ciò di cui avranno bisogno le generazioni future per essere preparate ad un mondo in cui non ci sarà più spazio per i riconoscimenti scolastici o per le domande predeterminate.
Gli Alunni : Insegnare è Uguale ad Imparare?

Nella complessità attuale bisognerebbe mettere in dubbio il nostro modo di concepire il sistema scolastico come è e come dovrebbe essere, e forse anche guardare in maniera concreta quale tipo ideale di apprendimento può essere il migliore per noi e cosa possiamo fare per cambiare e migliorare tutto questo.
Il paradosso di tutto questo è che quelle stesse persone che hanno adottato, promosso e sostenuto queste idee e che le sfruttano nel loro lavoro professionale, quando tornano a casa e guardano i loro figli, non hanno problemi nel non realizzare o non comprendere l'enorme divario che c'è tra le idee e i concetti che abbiamo già integrato nella nostra vita quotidiana e l'universo limitato in cui stiamo obbligando le generazioni future ad entrare, pensando di prepararle meglio nel gestire questo continuo cambiamento, l'innovazione e tutti questi nuovi approcci, e invece le mandiamo verso un mondo che è completamente scisso dall'attuale realtà e nel quale nessuno di questi principi è davvero concreto per loro da provare.
L’Insegnante: Insegnare è Uguale a Imparare?
Gli insegnanti continuano ad andare avanti sottolineando che non bisogna cambiare il sistema o rivoluzionare le istituzioni. Ciò rappresenta un grande sforzo e le istituzioni esistono da molto tempo. Molti di noi sono nati e cresciuti all'interno di questo universo scolastico, quindi l'esistenza di questo sistema sembra essere assolutamente necessaria.
Ma possiamo scoprire che non solo il sistema ha creato un mostro che dovremmo almeno riconoscere, ma che non abbiamo bisogno di combattere, per cambiare la situazione da come è a come ci piacerebbe che fosse.
Quindi poniamo loro questa domanda: insegnare è davvero uguale a imparare? Perché ogni volta che nella vita di tutti i giorni pensiamo all'apprendimento, pensiamo subito in qualche modo alle classi e agli insegnanti che ci aiuteranno a imparare le cose. Questa è più o meno l'idea che abbiamo nella nostra testa ogni giorno, è ciò che diamo per scontato. Ma è davvero così? Dovremmo chiedercelo.
Indossa il Cappello da Investigatore
Se guardiamo al modo in cui osserviamo le cose, impariamo un sacco di cose nella vita di tutti i giorni, se osservi il lavoro di molte persone colte, degli opinion leader, ciò che ci stanno dicendo è che l'apprendimento si verifica non solo nelle classi, nella scuola, dove le cose che impariamo sono come divertirci mentre l'insegnante non se ne accorge, come fare i compiti in maniera più veloce possibile per poi avere più tempo libero, come scoprire le domande del prossimo compito in classe, in modo che possiamo rispondere bene.
Questo è ciò impariamo all'interno della scuola. Tutte queste cose non sono il vero oggetto dell'apprendimento, ma qualcosa che sta a lato di ciò che impariamo, mentre le cose che davvero impariamo nella nostra vita, le apprendiamo in maniera differente.

Cosa Sappiamo una Volta Terminata la Scuola?

Spesso quando ci pongono una domanda inerente ad una disciplina scolastica rispondiamo ciò che sappiamo, questo o quello, e pensiamo che la scuola è molto importante perché conosci un sacco di cose che poi si rivelano utili nella vita, ma dopo la scuola, di tutta la conoscenza che abbiamo accumulato, quanto possiamo mettere in pratica è davvero utile per muoverci all'interno dei rapidi cambiamenti che stanno avvenendo, per imparare le nuove tecnologie, per comprendere quali notizie siano buone e quali no, come riconoscere la propaganda dalla vera informazione...
In Che Maniera Impariamo Davvero?

Creare gruppi o avere compiti assegnati quando l'insegnante è stata prescelta per me da qualcun altro sulla base di una certificazione ottenuta per avere superato alcuni esami o dove i miei compagni di classe sono stati scelti solo sulla base dell'età o del quartiere in cui vivono, credo che abbia davvero poco senso.
Penso che se guardiamo e mettiamo in dubbio l'approccio all'insegnamento in generale, dovremmo anche citare il fatto che tutto ciò che abbiamo predicato nel mondo come la partecipazione, il contributo, la condivisione, non un unico punto di vista, ma approcci diversi e multi-sfaccettati, sono tutti elementi critici per imparare in maniera appropriata.
Qualcuno ti ha Insegnato a Guidare...
Guardando questi aspetti fondamentali, possiamo vedere quanto sia grande il divario e quanta confusione ci sia per le persone comuni tra l'insegnamento e l'apprendimento, perché se insegnare è uguale ad imparare, e insegnare è ciò che avviene nelle scuole, non c'è modo di uscire facilmente dal circolo vizioso.
Pensiamo a quando abbiamo imparato a guidare la macchina, è vero che c’era l’istruttore a spiegarci come lasciare lentamente la frizione o tenere l'altro piede all'esterno perché si usa solo il piede destro sia per accelerare e per frenare. Ma non esiste altro modo per imparare che sedersi e iniziare a guidare e fare più di qualche errore.
Per il momento la scuola resta come è sempre stata: un sistema chiuso al mondo.
Dot.ssa Giuliana Galante

sabato 26 settembre 2009

Arteterapia con de Andrè: Prato Fiorito


Via del Campo


Fabrizio de André

Via del Campo c'è una graziosa
gli occhi grandi color di foglia
tutta notte sta sulla soglia
vende a tutti la stessa rosa.

Via del Campo c'è una bambina
con le labbra color rugiada
gli occhi grigi come la strada
nascon fiori dove cammina.
Via del Campo c'è una puttana
gli occhi grandi color di foglia
se di amarla ti vien la voglia
basta prenderla per la mano

e ti sembra di andar lontano
lei ti guarda con un sorriso
non credevi che il paradiso
fosse solo lì al primo piano.

Via del Campo ci va un illuso
a pregarla di maritare
a vederla salir le scale
fino a quando il balcone ha chiuso.

Ama e ridi se amor risponde
piangi forte se non ti sente
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior.

lunedì 14 settembre 2009

http://www.facebook.com/home.php#/giuliana.galante?ref=profile

Musicoterapeuta- Modena e provincia
CELL: 3476655657
E - mail: giulygala@tiscali.it

Tesi Counseling Scolastico

“ Il Couseling scolastico come strumento di formazione
verso l’approccio alla scuola dell’Infanzia” INFO: 3476655657
Introduzione
Partecipare al corso di Counseling Scolastico ha avuto per me un significato particolare, è stata al contempo un’esigenza personale e professionale.
Svolgo l’attività d’insegnante d’Infanzia da circa 5 anni, e da 3 lavoro con bambini affetti da patologie gravi.
Il supporto all’handicap mi ha fatto crescere molto, e nella sofferenza, nel disagio una delle prime cose che ho imparato dagli alunni è che i contenuti passano attraverso la relazione. Il gruppo-classe è un microcosmo all’interno del quale ci si misura con l’altro e si è misurati dall’altro; i bimbi sono molto bravi nel dare feed-back fenomenologici e, non riflettere su di essi, è un punto di forte debolezza per un insegnante. Questa comprensione associata al mio essere introspettiva mi ha spinta a seguire percorsi che potessero aiutarmi a meglio comprendere le mie modalità relazionali e il mondo dell’infanzia.
Attraverso letture specifiche, corsi sulla comunicazione, esperienze sull’espressione del sé corporeo e percorsi di crescita personale ho cercato di sviluppare quello che Adrian Van Kaam definisce “impegno esistenziale”, ovvero la consapevolezza della propria fondamentale libertà di fronte alle sollecitazioni della vita. In questi ultimi anni dal contesto scolastico mi sono arrivate sollecitazioni che sembravano avere il carattere dell’urgenza: spesso mi trovavo a confrontarmi con problematiche complesse, familiari e scolastiche, avvertivo la distanza culturale ed esistenziale tra la proposta della scuola e ciò che i bambini vivevano come significativo nel quotidiano, sentivo che la complessità della vita relazionale delle famiglie e delle classi richiedeva una cura precisa e non solo una gestione affidata al disagio del singolo.
Non di rado mi sono trovata di fronte a richieste di aiuto da parte di insegnanti, o genitori che sperimentavano un disagio, possedere una formazione specifica permette di dare aiuto nella relazione.
Il corso di Counseling mi ha permesso di dare un valore aggiunto alle mie relazioni sia in campo professionale sia personale, mi ha consentito di collocare in un quadro teorico la mia esperienza personale, comprendere le mie debolezze e sviluppare un mio modello teorico-concettuale, da applicare quotidianamente come metodologia d’insegnamento e come modalità di risoluzione dei problemi vissuti dal gruppo-classe, in collaborazione con gli insegnanti e i genitori.

IL CONTRIBUTO DELLA PSICOPEDAGOGIA ROGERSIANA

…Ho scoperto che arricchisce aprire delle vieper mezzo delle quali gli altri possano comunicarmi i loro sentimenti,i lori mondi percettivi. ……Ma anche come insegnante ho trovato che mi arricchiscequando posso aprire delle vie di comunicazioneattraverso le quali gli altri possono partecipare a me tutto di se stessiCosì cerco spesso, senza molto successo, di creare nelle aule di insegnamentoun clima i cui i sentimenti possano essere espressi,in cui ciascuno possa sentirsi distinto dagli altri e dall’insegnamento. …
Carl R. Rogers
Dott.ssa Giuliana Galante

lunedì 7 settembre 2009


Ernesto Guevara de la Serna
Noto come Che Guevara, El Che, Il Che o più semplicemente Che (Rosario, 14 giugno[1928La Higuera, 9 ottobre 1967) è stato un rivoluzionario e guerrigliero argentino. Guevara fu membro del Movimento del 26 di luglio e, dopo il successo della rivoluzione cubana, assunse un ruolo nel nuovo governo, secondo per importanza al solo Fidel Castro.
Quasi al suo 42esimo anniversario dopo la sua morte volevo ricordare un grande autore che nel 1968 ha scritto una canzone in sua memoria, "Anch'io ti ricorderò" pubblicata nell'album Endrigo (1968) di Sergio Endrigo (Pola, 15 giugno 1933Roma, 7 settembre 2005)
Ecco il testo:
Anchio ti ricorderò
Era mezzogiorno e prigioniero
Aspettavi che si fermasse il mondo
Fuori c’era il sole e caldi odori
E parole antiche di soldati
Forse vedevi la tua gente
Cuba viva sotto il sole
La sierra che ti ha visto vincitore
Addio addioChi mai ti scorderàAddio addioAnch’io ti ricorderò
Era mezzogiorno in piena notte
E gli uomini di buona volontà
Tutti si guardarono negli occhi
Poi ognuno andò per la sua strada
È troppo tardi per partire
Troppo tardi per morire
Siamo troppo grassi comandante
Addio addioChi mai ti scorderàAddio addioAnch’io ti ricorderò
Era mezzogiorno e tu non c’eri
Un bambino piangeva nel silenzio
Fuori c’era il sole e caldi odori
E parole antiche di soldati
Oggi ti ricorda la tua gente
Cuba viva sotto il sole
La sierra che ti ha visto vincitore
Addio addioChi mai ti scorderàAddio addioAnch’io ti ricorderò
Se avete voglia di sentirla ecco il link:
Dott.ssa Giuliana Galante

mercoledì 2 settembre 2009




Da: Il significato del coro in chiesa

Ecco alcune foto dei testi sacri trascritti dalla Sig. Sara sul suo quaderno.
Dott.ssa Giuliana Galante





Ludwig Mirak, 𝑬' 𝑸𝑼𝑨𝑺𝑰 𝑳'𝑨𝑳𝑩𝑨

In arrivo: LUDWIK MIRAK, E' quasi l'alba Lui è un cantautore di cui sentiremo parlare molto! Si chiama Paolo Karim Gozzo (in arte...